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ARTE E PAZZIA - Munch |
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tratto dal sito: www.zoooom.it - Edvard Munch
Edvard Munch
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Dalla rete | |||||||
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LA VITA COME ARTE .
Avendo sottolineato come l'arte di Edvard Munch sia essenzialmente da considerarsi una forma d'arte "privata", diretta espressione del suo vissuto e della sua esperienza, é interessante ripercorrere i momenti piú significativi che hanno segnato, nel bene e nel male, la vita del pittore norvegese. A rte come "espressione", si é detto. Ritengo qui importante precisare come non sia corretto includere l'opera espressiva di Munch all'interno dei movimenti espressionisti tedeschi ( Die Brüke e Die Blaue Reiter ), sorti pressapoco nello stesso periodo. Innanzitutto Munch é da considerarsi, seppur di poco, precursore dell'espressionismo; i suoi quadri furono presi a modello per la loro "forza espressiva" dai pittori espressionisti che lo invitarono ufficialmente piú volte, ma sempre senza successo, ad entrare nelle nuove avanguardie pittoriche. Il fatto che Munch abbia sempre rifiutato di prendere parte a qualsiasi movimento testimonia una volta ancora, se necessario, come dipingere fu sempre per egli un'attivitá "intima", dettata esclusivamente dalle sue necessitá interiori e, per questo, molto difficile da compartire o da mettere pubblicamente in gioco all'interno di un determinato movimento artistico.
Esaminando i momenti piú intensi dell'esistenza di Munch é possibile cogliere, se non il significato, almeno l'importanza di numerose "presenze fisse" nei suoi quadri (e di funeste "presenze fisse" nella sua vita) , arrivando parzialmente ad identificare ed a fare forse un po' di luce su quel "simbolismo privato" caratterstico della sua attivitá pittorica.
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Particolare da "DISPERAZIONE" |
Edvard Munch nasce il 12 dicembre del 1863 a Loten (Norvegia), cittá situata a pochi chilometri da Christiania, antico nome dell'attuale Oslo. Sin dall'infanzia si trova a dover convivere con le immagini della malattia, del dolore, della morte. La madre del pittore é infatti gravemente malata di tubercolosi, e muore quando Edvard ha solamente cinque anni; pochi anni dopo anche la sorella Sophie che si era occupata di lui in assenza della madre, muore all'etá di sedici anni. Ma la malattia non é per Munch solamente come un evento che colpisce le persone che lo circondano: varie infermitá gli impediscono di frequentare regolarmente l'accademia di disegno. Il disegnare, il dipingere, si rivelano da subito per il giovane Edvard strumenti estremamente efficaci per ricordare, per portare di nuovo in vita quei morti che hanno riempito la sua vita e per, come vedremo nel capitolo che riguarda la [ psicopatologia ] , permettergli di convivere con questi fantasmi, con l'angoscia ed il dolore che essi gli procurano.
All'elenco dei morti si aggiunge, nel 1889, suo padre. Scrive Munch, allora venticinquenne, da Parigi:
Le ultime parole si riferiscono alla forte religiositá del padre, non condivisa ovviamente dal pittore."E io vivo con i morti; mia madre, mia sorella, mio nonno, mio padre - lui soprattutto. Tutti i ricordi, le minime cose, mi ritornano a frotte. Lo rivedo cosí come lo vidi, per l'ultima volta quattro mesi fa, quando mi ha detto addio sulla banchina; eravamo un po' timidi nei confronti l'uno dell'altro, non volevamo tradire la pena che questa separazione ci causava. Quanto ci amavamo mlagrado tutto, quanto si tormentava la notte per me, per la mia vita - perché non potevo condividere la sua fede" [4]
Munch stesso conferma, nei suoi scritti, come dipingere abbia significato per lui soprattutto ricordare ; e per questo egli ha sempre sostenuto che si devono dipingere le cose per come si vedono, e non per come sono. Dipingere a seconda dell'umore, " del momento del giorno", delle necessitá dell'animo. Munch dipinge non osservando la natura, ma rievocando situazioni angosciose della sua vita; ogni quadro si riferisce, se non ad una situazione particolare, ad una sensazione dolorosa che da essa ne é provocata. E´ quindi dal suo passato, dai morti e dai fantasmi che vi abitano che nascono quei leitmotiv che abiteranno permanentemente i dipinti di Munch: letti di morte, donne e uomini in lacrime, donne malate. Questo simbolismo privato che si viene progressivamente formando, svolge un ruolo fondamentale nella vita artistica del pittore: da un lato gli permette di spogliarsi emotivamente, di mettere a nudo e rivelare direttamente al pubblico i suoi dolori piú profondi; ma dall'altro, paradossalmente, lo allontana sempre piú dal pubblico. Tratteró piú dettagliatamente questo aspetto nel capitolo successivo; qui é importante soltanto sottolineare come la persona che visitva i musei nel periodo in cui Munch visse non era abituata a quel tipo di pittura. L'arte era allora ancora sinonimo di bellezza, di armonia, di forma; non di bruttezza e di dolore. Non si capiva perché un pittore come Munch osasse dipingere quadri dagli accostamenti cromatici insoliti, dalle forme incomplete, accennate, sgangherate; i suoi quadri furono per lungo tempo derisi, giudicati come delle ridicole bozze non ancora terminate.
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Mi sembra che questo ultimo aspetto non sia da sottovalutare, e anzi si puó ipotizzare che questa forte ostilitá ed incomprensione che Munch sentiva costantemente attorno a sé abbia sicuramente marcato in forma decisiva il suo carattere e di riflesso la sua arte. Non a caso accanto alla morte sono facilmente identificabili, nei suoi dipinti, altre tematiche come l'isolamento, l'incomunicabilitá, derivanti probabilmente anche dalla sua sensazione di non poter condividere con nessuno il dolore espresso attraverso l'insolita estetica dei suoi quadri. Sensazione di essere solo al mondo, solo con i suoi morti. Sensazione che spinge Munch a lasciare piú volte la patria ostile per soggiornare all'estero (la Parigi fin de siecle e Berlino furono le mete piú frequenti), dove i suoi unici compagni saranno l'alcool e le prostitute. A simbolo di questo periodo puó considerare il dipinto era sul viale Karl Johan, in cui vediamo persone nascoste dietro maschere tristi, fisse, allucinate ed allucinanti; Munch ritrae probabilmente se stesso sulla destra della tela, in isolamento, senza volto, guardando altrove.
Racconta Munch del dipinto, e di quel piccolo uomo in nero:
"Tutti quelli che passavano avevano l'aria cosí strana e bizzarra, ed egli aveva l'impressione che essi lo guardassero con insistenza... tutti quei visi pallidi nella luce della sera. Tentava di concentrarsi su un'idea ma non aveva altro che vuoto nella testa, tentó di fissare lo sguardo su una finestra molto alta ma i passanti lo turbavano ancora. Tremavano tutte le sue membra ed era inondato di sudore" [4]
La solitudine che accompagna Munch per gran parte della sua vita non lo aiuta di certo ad allontanare lo sguardo da quei fantasmi che popolano il suo doloroso passato; anzi lo spinge a fuggire sempre di piú dalla realtá, da quel mondo esterno che lui percepisce come ostile. La sua vita trascorre senza mai incontrare o cercare amore, essendo questo per lui da sempre collegato alla orrenda figura della morte (madre, sorella, padre...). La situazione diventa ancora piú drammatica nel momento in cui il pittore scopre, oltre alla malattia fisica, anche il terrore della malattia mentale, della psicosi. Anche sua sorella Laura viene piú volte ricoverata per turbe mentali; scrive il pittore:
"Ho ricevuto in ereditá due dei piú terribili nemici dell'umanitrá: la tubercolosi e la malattia mentale. La malattia, la follia e la morte erano gli angeli neri che si affacciavano sulla mia culla" [4]
A nulla serve l'incontro con Tulla e l'amore che nasce tra lei ed Edvard; Tulla é malata di tubercolosi e altro non é che un'ulteriore conferma, per Munch, che l'amore non puó esistere per lui; il pittore rifiuta piú volte le sue richieste di matrimonio dichiarando di non avere il diritto di sposarsi a causa della propria malattia e follia mentale. Eppure proprio in questo periodo l'attivitá artistica di Munch inizia finalmente ad essere riconosciuta; l'eco dello scandalo delle sue esposizioni a Berlino gli offre la possibilitá di esporre in molte altre cittá tedesche. L'artista si stablisce per molti anni nella capitale tedesca, vivendo in solitudine e quasi senza vita sociale, a lavorare al suo progetto piú ambizioso, " Il fregio della vita" .
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- IL FREGIO DELLA VITA - "the frieze of life"
Il fregio della vita é sicuramente il simbolo dell'intera carriera artistica di Edvard Munch, la materializzazione in immagini di ció che dipingere significava per il pittore:"La mia pittura é in realtá un esame di coscienza e un tentativo di comprendere i miei rapporti con l'esistenza" [3]
Ne Il fregio della vita altro Munch espone fianco a fianco numerosi dei suoi dipinti, cambiandone tipo ed ordine a seconda delle esposizioni e del suo umore; "Il fregio é stato pensato come una sequenza di immagini decorative che dovrebbero rappresentare nel loro insieme il corso della vita. I dipinti sono attraversati dalle linee sinuose della spiaggia; lontano c'é il mare, sempre in movimento; e sotto le chiome degli alberi c'é la varietá della vita con le sue gioie e i suoi dolori. Il fregio é stato pensato come un'immaginazione poetica della vita, dell'amore e della morte" [2] . Questi dipinti danno cosí virtualmente origine ad in unico grande dipinto che concentra quelli che Munch ritiene essere i temi principali dell'esistenza umana, ognuno dei quali "visualizzato" attraverso alcuni dipinti. Queste le quattro fasi dell'esistenza secondo Munch:
-la nascita dell'amore- |
-la fioritura e dissoluzione dell'amore- |
-l'angoscia della vita- |
-la morte- |
Momenti che sono facilmente rintracciabili nella vita dell'artista: la sua infanzia ancora "felice"; l'incontro con la malattia e la morte della madre e della sorella; la consapevolezza che l'esistenza non sará altro che dolore; la morte. Il fregio della vita viene per la prima volta esposto senza successo in una grande mostra a Christiana, nella quale il pubblico reagisce di nuovo con indignazione a dei dipinti ritenuti impresentabili; é ancora una volta la Germana a riservare al "Fregio" un'ottima accoglienza, che permette a Munch di esporre in seguito anche in Francia e, con grande successo, a Praga. Allo stesso tempo le condizioni di salute del pittore si aggravano drammaticamente a causa della sua dipendenza all'alcool; entra a Berlino in una clinica per disintossicarsi ma, una volta terminato il trattamento, il suo equilibrio psichico é in pericolo . A seguito di un litigio in un bar nel quale ferisce un uomo con un colpo di pistola, si sente perseguitato dalla polizia, paranoico ed in preda ad allucinazioni: " ero al margine della follia, sul punto di precipitare" , scriverá . Fugge allora in Danimarca, dove viene colto da paralisi in una gamba. Dopo un ulteriore ricovero in una clinica per malattie nervose, fa ritorno in Norvegia iniziando a dipingere una serie di paesaggi che finalmente ottengono quel successo in patria che da sempre gli era stato negato; l'universitá ed il municipio di Oslo gli offrono la possibilitá di lavorare ad una serie di affreschi. Nel 1920 una malattia agli occhi lo rende quasi cieco; quando le condizioni di salute glielo permettono, Munch continua a dipingere. La morte appare ancora piú tangibile nelle sue ultime composizioni, che consistono per lo piú di una serie di nudi autoritratti.
Edvard Munch muore nel 1944.
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